Skip to content
Martedì 26 novembre, ore 17.00
In sede e via Zoom
Introduzione all’opera “Doktor Faust” di Ferruccio Busoni
Relatore: Marisa Franceschi In collaborazione con gli Amici della Musica di Padova

La prima domanda che un amante della musica, non particolarmente competente in materia, potrebbe porsi è se vale veramente la pena di vedere un’opera così poco conosciuta e relativamente poco rappresentata come il “Doktor Faust” di Ferruccio Busoni, un autore noto soprattutto per la sua celebre trascrizione della Ciaccona di Bach e per aver dato nome ad un altrettanto celebre Concorso pianistico internazionale che si tiene a Bolzano.

La risposta non può che essere positiva, sia per i meriti artistici che per quelli umani del compositore, di cui quest’anno ricorre il centenario della morte. L’originalità della sua musica, in particolare la strumentazione e l’impianto scenico, sono in grado di proiettare l’opera in una prospettiva pienamente moderna, novecentesca.

Infatti l’opera, che racchiude il compendio di tutte le esperienze precedenti di Busoni, per i numerosissimi aspetti simbolici sostenuti da un’orchestrazione quanto mai variegata e sottile, tocca i confini dell’irrealtà. Le fonti di ispirazione sono gli antichi spettacoli tedeschi di marionette, i cosiddetti Faustpuppenspiele, che influenzarono l’aria di magia che si respira soprattutto nei due Prologhi iniziali, e il dramma cinquecentesco di Marlowe. Ma è senza dubbio determinante ai fini di una completa comprensione del suo significato il raffronto con il poema di Goethe, con cui di certo Busoni non voleva competere. Il compositore in quest’opera riesce ad affrancarsi dai consueti schemi del teatro lirico, che invece sono riconoscibili in Arlecchino e Turandot e dà vita ad una libera successione di quadri autonomi, delineando una nuova strada per il melodramma novecentesco.

Il soggetto stava molto a cuore a Busoni e divenne, come del resto il Nerone per Arrigo Boito, un terreno concreto di lavoro che lo avrebbe accompagnato fino al termine della sua vita, senza peraltro venire completato. Fu infatti un suo allievo di Zurigo, Philipp Jarnach che ne portò a termine la stesura.

Il punto più alto dell’estetica busoniana consiste nell’esternarsi della volontà di Faust che si innalza ad emblema della sopravvivenza spirituale dell’individuo, riuscendo ad andare oltre la morte, mentre all’uomo moderno resta però il dubbio immenso di dare una spiegazione al tutto. Mefistofele alla fine dell’opera, di fronte al corpo esanime di Faust, incarna proprio questo dubbio, esprimendolo negli ultimi versi qui tradotti dal tedesco: “Che sarà accaduto a quest’uomo, una disgrazia?”

Tra le migliori interpretazioni del ruolo di Faust segnaliamo in particolare quella di Dietrich Fischer-Dieskau, che si esibì la prima volta in questo ruolo alla Royal Festival Hall di Londra nel 1959

Torna su
× Chatta!